giovedì 25/3/10 (ore 21.30)
venerdì 26/3/10 (ore 22.00) questa sera il film sarà preceduto dal cortometraggio:
ATTRAVERSO L’AMORE, ATTRAVERSO IL LAVORO POSSO COTRUIRE LA BASE
di Vincent Cappelli [Italia, 2009, 15′]
di Pietro Marcello, con Vincenzo Motta, Mary Monaco [Italia, 76′, drammatico/documentario]
Enzo e Mary: una vita trascorsa dietro le sbarre lui, una trans con un passato da eroinomane lei. Intorno a loro Genova, una città di memorie sedimentate, vicoli trafficati e acqua salata. La Fondazione San Marcellino (Opera dei Gesuiti attiva a Genova dal 1945), L’Avventurosa Film (laboratorio produttivo scaturito dall’intesa tra Pietro Marcello e Dario Zonta) e Indigo Film (già al fianco di Marcello nel 2007 per Il passaggio della linea) uniscono le loro forze per dare vita al progetto La bocca del lupo, vincitore del 27º Torino Film Festival e oggetto filmico irriducibile alle categorie di documentario/lungometraggio di finzione. Ispirandosi idealmente all’omonimo romanzo verista di Remigio Zena (nom de plume di Gaspare Invrea), Marcello accoglie la proposta fattagli dalla Fondazione di girare un film su Genova “vista dal basso” e concepisce una pellicola cruda e delicata, distante tanto dal pietismo di denuncia quanto dal sensazionalismo d’accatto. La verità, direbbe Zena, è che questa è una storia di vinti e di ambizioni non soddisfabili, di gente destinata a finire sempre “nella bocca del lupo”: è così che, prima della casetta con l’orto e il camino, Enzo si è fatto quattordici anni di prigione e Mary lo ha aspettato e ora possono raccontarsi alla videocamera, come una vecchia coppia, dividendosi le frasi, dandosi ragione per amore e per pazienza. Sono pochissimi, in Italia, i registi che hanno la forza e il coraggio di battere sentieri nuovi, di aprire nuove strade, di affrontare, accettandole, asperità che hanno la potenzialità di farsi nuova narrazione, nuova estetica, nuovo cinema. Pietro Marcello è sicuramente tra questi: l’aveva dimostrato con il suo primo film, Il passaggio della linea, e lo ha ampiamente confermato con quest’opera seconda, scegliendo una forma che riesce ad essere tanto più sospesa e metafisica quanto più si aggrappa saldamente ai personaggi e ai luoghi fisici che vengono inquadrati e raccontati dall’occhio della videocamera. Marcello raccoglie dunque l’eredità pasoliniana ma, quel che più conta, guarda ai margini del mondo da una posizione che non è mai pretestuosamente oggettiva e oggettivante, mai ipocritamente partecipe e manipolatrice; una posizione che gli evita la trappola del paternalismo intellettuale così come quella di un’adesione ingiusta e impossibile. La bocca del lupo: non cinema della realtà, ma realtà che si fa cinema.