giovedì 20/1/2011 (ore 21.30) venerdì 21/1/2011 (ore 22.00)
di Nigel Cole con Sally Hawkins, Bob Hoskins, Miranda Richardson, Geraldine James, Rosamund Pike [drammatico, 113′, GB, 2010]
Una commedia di purissima stoffa inglese in zona Full Monty o Grazie, signora Thatcher. Per carità, non fatevi fuorviare dallo spiritoso titolo, volutamente malizioso. We Want Sex è soltanto una parte dello striscione inalberato dalle tenaci protagoniste: gli manca la quarta parola, Equality, piegata dal vento. Quindi non Vogliamo sesso, come potrebbe sperare un frettoloso fan di Tinto Brass, ma Vogliamo la parità dei sessi. Soprattutto in senso salariale. La storia (vera) si svolge a Dagenham, nell’Essex, contea orientale dell’Inghilterra, nel maggio del 1968. Nella fabbrica della Ford, accanto ai 55 mila operai uomini, sgobbano 187 donne, addette alla cucitura dei sedili. È un’ala fatiscente, dove fa un caldo infernale, tanto che spesso volano via le camicette e restano i reggiseni. Un lavoro faticoso, ma considerato non qualificato, per antica consuetudine pagato la metà di quello dei maschi. Finché un bel giorno la giovane e battagliera madre di famiglia Rita O’Grady (Sally Hawkins) è la prima a tuonare il suo basta, subito spalleggiata dalle più ardite tra le colleghe, come Connie, Brenda e Sandra. L’ambiguo capo della commissione interna Mont Taylor le ostacola, fingendo di appoggiarle, al contrario del sindacalista Albert (Bob Hoskins). Pretendiamo la parità e la chiederemo al ministro del Lavoro Barbara Castle (Miranda Richardson). O sarà sciopero a oltranza. Lo sciopero va avanti, e si estende nel resto del paese divenendo una battaglia per l’eguaglianza non solo in fabbrica. Guidate da Rita le operaie si confrontano con le loro paure e contraddizioni ma, soprattutto, col fatto che questa lotta coinvolge la loro vita personale di donne, i rapporti familiari, i mariti che si stancano delle loro assenze e che le colpevolizzano perché fermando la produzione mettono a rischio pure i loro stipendi. Il regista Nigel Cole è uno che maneggia bene l’umorismo e usa con estrema cura i guanti bianchi, come dimostrano almeno due dei suoi film precedenti, Calendar Girl e L’erba di Grace. Con l’impeto socio-lavorista di Loach e la spensieratezza malinconica di Herman, Cole si getta a capofitto in un evento che cambiò la storia politica inglese. Il film va sul sicuro, punta dritto al cuore e si avvale di comprimari – dal sindacalista Bob Hoskins alla borghese radical chic Rosamund Pike – che danno pennellate decisive all’affresco di un ’68 diverso, ma vero.