sabato 29/10/2011 (ore 22.00) domenica 30/10/2011 (ore 21.30)
lunedì 31/10/2011 (ore 22.00) martedì 1/11/2011 (ore 21.30)
di David Cronenberg, con Michael Fassbender, Keira Knightley, Viggo Mortensen, Vincent Cassel, Sarah Gadon [drammatico, 99′, Canada/Germania/GB/Svizzera, 2011]
Le figure principali che hanno rivoluzionato la storia della psicanalisi all’inizio del secolo scorso, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, sono al centro del nuovo film di David Cronenberg, A Dangerous Method, presentato al Festival di Venezia, accolto benissimo da critica e pubblico, uno dei favoriti della vigilia rimasto senza premi. Un triangolo erotico e filosofico tra i due padri della psicanalisi e la paziente schizofrenica che vuole diventare medico (Keira Knightley) che mette in gioco professione e sentimenti. Nel cast Michael Fassbender (già premiato come migliore interpretazione maschile al Festival di Venezia per Shame), Viggo Mortensen, Keira Knightley e Vincent Cassel per raccontare un triangolo amoroso dei primi del Novecento tra Freud, Jung e una sua paziente. Amore, sesso e psicanalisi.
Se il metodo pericoloso è quello della terapia verbale freudiana, allora anche la pericolosità del legame che legò Jung alla Spielrein, e che di riflesso pervenne a Freud, viene resa negli stessi termini: attraverso il profluvio dei discorsi tra i protagonisti, le loro epistole, il loro giocare di sponda con tesi e controtesi. Gli stessi titoli iniziali ce lo dicono chiaramente: la macchina da presa vaga tra i caratteri vergati a mano sui fogli, segue le volute di inchiostro, le lettere impresse, a indicare che l’essenza del film è proprio lì, nella parola, pericolosa per quel che significa, che allude, che nasconde, che indica: leggere tra le righe è compito dello spettatore, rimuovere lo strato spalmato dall’autore, per giungere al punctum dolens, è il termine di un viaggio che il pubblico deve affrontare da solo.
Dopo essere stato uno dei principali esponenti del body horror, David Cronenberg ha progressivamente esplicitato in maniera molto chiara che, fin dai suoi esordi, il discorso sulla malattia, sulla deviazione patologica e sulla degenerazione fatto sulle carni era anche chiaramente metaforico e parallelo a quello fatto sulla psiche. Che dopo Spider, allora, il regista canadese tocchi ancora direttamente ed esplicitamente il nervo della malattia mentale, non sorprende.