sabato 6/3/10 (ore 22.00) – domenica 7/3/10 (ore 16.00 e 21.30)
di Peter Jackson con Saoirse Ronan, Rachel Weisz, Susan Sarandon, Mark Wahlberg, Stanley Tucci, Michael Imperioli [U.S.A., 139′, drammatico/fantastico]
Come accadeva in Viale del tramonto, il punto di vista è quello di una persona defunta. La quattordicenne Susie Salmon, rapita, violentata e barbaramente uccisa da un insospettabile vicino di casa. L’ identità dell’ assassino non è un mistero per lo spettatore, che condivide il segreto con la vittima. Il personaggio di Susie portato sullo schermo da Peter Jackson – mago del Signore degli anelli – nasce da un libro: il bestseller del 2002 The lovely bones di Alice Sebold. La scommessa del nuovo film di Peter Jackson è visualizzare l’Aldilà dal quale giunge la voce di Susie Salmon, 14enne finita in una sorta di «limbo» dal quale riesce ancora a vedere il mondo e a star vicina, in spirito, alla famiglia:un papà, una mamma, una sorella, un fratellino e una nonna dall’ aria poco raccomandabile – beve come una spugna e fuma come un turco – ma dall’ animo sensibile. Ex ragazza di stagioni libertarie: affidata a Susan Sarandon. L’Aldilà è l’emisfero Sud, a cavallo fra l’immaginario NewAge e le lande finto-medioevali degli Elfi mentre la vita quotidiana è l’America profonda che separa New York da Los Angeles, più precisamente i sobborghi piccolo-borghesi e potenzialmente violenti di Philadelphia dove la Sebold è cresciuta e ha ambientato il romanzo. Tutta la parte del film che si svolge in quello che definiremo «Aldiqua», il mondo di tutti i giorni,è stupenda. Un paio di sequenze comunicano una tensione insostenibile, nonostante Jackson abbia scelto di non mostrare la scena dell’omicidio (che nel romanzo è abbondantemente raccontata). La protagonista Saoirse Ronan (il nome, irlandese, si pronuncia «Sarscia») è formidabile, e bravi sono tutti gli attori di contorno, da Mark Wahlberg a Stanley Tucci. Amabili resti sembra una riflessione laica e «alta» sul Tema dei temi (cosa c’è dopo la morte?), ma forse si rivolge soprattutto a chi rimane, disperato, a piangere i propri cari: e suggerisce una via – del tutto emotiva e illogica – per tenerli con noi.