Giovedì 14/10/2010 (ore 21.30)
di Filippo Vendemmiati [Italia] – INGRESSO LIBERO
Federico Aldrovandi ha da poco compiuto diciotto anni quando, all’alba del 25 settembre 2005, incontra una pattuglia della polizia nei pressi dell’ippodromo, a Ferrara. Poche ore più tardi la famiglia apprende della sua scomparsa. Fra questi due momenti tante domande e molti silenzi. Il libro ripercorre le vicende umane e giudiziarie legate alla morte di Federico, le ricostruzioni della polizia che parlano di morte per overdose, lo stupore e il dolore di parenti e amici e un’inchiesta giudiziaria inizialmente destinata all’archiviazione… Poi i primi sospetti, il corpo sfigurato del ragazzo, le versioni ufficiali che vengono smentite dalle analisi, il coinvolgimento delle forze dell’ordine e i depistaggi. Lo scandalo, l’attenzione mediatica e il coraggio di una famiglia che, nel luglio del 2009, porteranno alle condanne in primo grado per quattro agenti di polizia. Il caso di Federico Aldrovandi si colloca esattamente a metà tra i fatti del G8 di Genova 2001 (piazza Alimonda e scuola Diaz) e la morte di Stefano Cucchi del 2009, e con essi disegna i contorni di qualcosa di terribile e disarmante solo per il fatto di poterle dare un nome: violenza di stato. Nel suo film-doc Filippo Vendemmiati racconta la storia di Federico Aldrovandi, i fatti accertati e misteri che li avvolgono, il processo e i suoi numerosi colpi di scena, tentando di fornire una spiegazione verosimile dell’accaduto proprio a partire da quegli interrogativi rimasti insoluti. La narrazione di Vendemmiati è arricchita dai documenti video registrati dagli stessi protagonisti, a disposizione nell’archivio giornalistico Rai. “È stato morto un ragazzo” è anche una storia sulla libertà di stampa che pone l’accento sul presente e sul futuro prossimo dell’informazione in Italia. Se la legge bavaglio fosse stata in vigore cinque anni fa, senza poter pubblicare gli atti, le foto, le trascrizioni delle telefonate, si sarebbe mai scoperta la verità sulla morte di Federico e quella di altri casi simili, avvenuti prima e dopo? L’incalzante resoconto conserva il pregio di essere accurato sotto il profilo della deontologia giornalistica e il “difetto” di risultare insostenibile per qualunque coscienza civica propriamente detta. Nella confusione grammaticale del titolo è perfettamente sintetizzato questo senso di smarrimento e di rabbia verso chi si permette di confondere la transitività dell’uccidere con l’intransività del morire. A morire si è sempre soli, per uccidere si è sempre almeno in due: una vittima e un carnefice. Prodotto da Marcello Corvino (Promo music) in collaborazione con l’Associazione Articolo21, con il contributo di Cinecittà, con le immagini di Rai teche e patrocinato da Regione Emilia-Romagna, il film è stato presentato alla mostra del cinema di Venezia.